Violenze fisiche e morali reiterate legittimano la pronuncia di addebito della separazione
Con ordinanza Cass. civ. sez. I 24 ottobre 2022, n. 31351, i giudici della Suprema Corte hanno stabilito che le reiterate violenze fisiche e morali inflitte da un coniuge all’altro costituirebbero violazioni talmente gravi dei doveri che scaturiscono dal matrimonio da fondare, di per sé, la dichiarazione di addebito della separazione all’autore delle stesse.
In altre parole, il loro accertamento esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, con la condotta del coniuge che sia vittima delle violenze, trattandosi di fatto di atti che proprio in ragione della loro estrema gravità, sono comparabili solamente con condotte omogenee.
Il caso
Per comprendere come si sia giunti alle valutazioni formulate dai giudici della Suprema Corte, ricostruiamo brevemente il caso.
Nell’ambito del procedimento di separazione giudiziale, la moglie ha formulato domanda di addebito della separazione nei confronti del marito. A supporto di tale domanda, la donna ha anche allegato le condotte violente che il coniuge aveva tenuto in passato nei suoi confronti. Tali condotte violente erano state confermate dalle figlie della coppia.
Ebbene, la Corte d’appello, confermando quanto già espresso dal Tribunale di primo grado, aveva rigettato la domanda di addebito affermando che non vi fosse sufficiente certezza nelle prove dei comportamenti violenti.
In altri termini, per la Corte d’appello la donna non avrebbe indicato episodi sufficientemente specifici e concreti di violenza subiti dal marito e non avrebbe fornito elementi documentali o testimonianze ritenute attendibili: quelle delle figlie andavano di fatti ritenute generiche e inattendibili. Di qui, il ricorso in Cassazione.
Le decisioni della Corte
La Corte di Cassazione si esprime sul tema rammentando, in primo luogo, come costituisca un principio consolidato il fatto che le reiterate violenze fisiche e morali, inflitte da un coniuge all’altro, siano violazioni talmente gravi dei doveri che scaturiscono dal matrimonio da fondare di per sé sole non solamente la pronuncia di separazione personale, in quanto determinanti l’intollerabilità della convivenza, bensì anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore di esse.
Il loro accertamento – prosegue l’ordinanza – esonera il giudice del merito dal dovere di procedere alla comparazione, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, con il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze. Si tratta infatti di atti che a causa della loro gravità estrema sono comparabili solamente con comportamenti omogenei.
Le violazioni fisiche costituiscono violazioni talmente gravi e inaccettabili dei doveri che nascono dal matrimonio da fondare, anche se si concretizzano in un unico episodio, non solamente la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di verificare se la violazione dei doveri coniugali lamentata dal richiedente, commessa dall’altro coniuge, abbia concretamente causato la separazione.
Nella fattispecie in esame, proseguono poi gli Ermellini, la Corte d’appello non avrebbe esaminato una serie di atti (querele, provvedimenti del questore, referti ospedalieri) che sarebbero stati suscettibili di evidenziare le violenze cui era sottoposta la donna. Anche sull’esame delle risultanze testimoniali prodotte dalle figlie della coppia la motivazione dei giudici di seconde cure appare essere carente e illogica, oltre che contraddittoria.
Nelle motivazioni dell’ordinanza si legge infatti come la Corte territoriale abbia dato atto che dalle deposizioni testimoniali delle figlie sia emersa la descrizione delle violenze fisiche ripetute ai danni della donna, e che tuttavia non sarebbero specifici, mentre la circostanza che la donna subiva violenze ogni qual volta la stessa interveniva in favore della prole, a loro volta picchiata dal padre, delinea un quadro di relazione improntato alla violenza che per la giurisprudenza prevalente integra il comportamento contrario ai doveri di rispetto personale che devono contraddistinguere la relazione fra i coniugi.
La Cassazione ha quindi accolto il ricorso, rimettendo la causa al Giudice della separazione.