Avvocato Brescia | La riforma dei reati tributari
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studio legale brescia

La riforma dei reati tributari

Il Decreto fiscale collegato alla legge di Bilancio 2020 ha introdotto la riforma dei reati tributari.

Trattasi della Legge n. 157/2019 di conversione del D.L. n. 124/2019 che all’art. 39 dispone “Modifiche della disciplina penale e della responsabilità amministrativa degli enti”. Viene modificato l’ultimo intervento del 2015 in riferimento alle violazioni penali tributarie.

Con questa legge, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 24 dicembre 2019, il legislatore ha inasprito le pene. Parallelamente, ha abbassato certe soglie di punibilità, ha ampliato la responsabilità amministrativa delle società per i reati più gravi introducendo il preventivo sequestro e la cosiddetta confisca allargata o per sproporzione (prevista dall’art. 240bis c.p., applicabile in genere ai reati associativi di stampo mafioso).

In tal modo, i reati tributari, da sempre considerati meno gravi, vengono avvicinati ai reati più gravi.

 

Cosa cambia con la Riforma dei reati tributari

La riforma dei reati tributari va a modificare il D.lgs. n. 74/2000 (reati tributari) ed il D.lgs. n. 231/2001, che disciplina la responsabilità amministrativa delle Persone Giuridiche e delle Associazioni.

Il filo conduttore di tutte le modifiche apportate è potenziare la risposta penale alle condotte illecite in materia fiscale. Come sempre, la discriminante tra minor o maggior gravità della condotta è la fraudolenza: sanzioni più lievi sono previste per il semplice inadempimento dell’obbligazione tributaria (seppure penalmente rilevante) rispetto all’illecito fiscale fraudolento, frutto di oculato e ragionato inganno.

 

Sanzioni più lievi per il semplice inadempimento fiscale

Per il semplice inadempimento fiscale (non fraudolento) è prevista una stretta meno grave.

Non sono state abbassate le soglie di punibilità per omissione del versamento dell’IVA e delle ritenute.

L’omessa e falsa dichiarazione è esclusa dalla lista dei reati per i quali è prevista la confisca per sproporzione.

Il legislatore ha scelto di concedere ai semplici inadempienti un esonero dalla disciplina 231.

 

Riforma dei reati tributari: le modifiche alla 231

All’interno del D.lgs. 231/2001 è stato introdotto l’art. 25-quinquiesdecies che estende la responsabilità amministrativa alle persone giuridiche i cui apicali [es. dirigenti, amministratori delegati, ecc.] o dipendenti commettano alcuni reati tributari che descriviamo di seguito.

In particolare, la società può subire una sanzione pecuniaria fino a 500 quote.

 

“Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”

In precedenza, per il reato di dichiarazione fraudolenta con utilizzo di fatture false, si prevedeva la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Con il nuovo Decreto Legge 124/2019, la pena sale: la reclusione va da un minimo di quattro ad un massimo di otto anni.

Per questo reato sono previste: intercettazioni delle conversazioni, custodia cautelare in carcere e responsabilità amministrativa della società.

La stessa pena viene applicata per il reato di emissione di fatture false per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte.

È possibile conseguire la non punibilità se il contribuente pone in essere un ravvedimento operoso prima di venire a conoscenza di indagini fiscali o del procedimento penale. Finora, questo punto non era stato previsto dal fisco per operazioni fraudolente.

Il ravvedimento operoso, in sostanza, è una spontanea presa di coscienza del contribuente, il quale, consapevole di non essere in regola da un punto di vista fiscale, volontariamente decide di regolarizzare la propria posizione. Tale scelta gli garantisce l’applicazione di sanzioni molto più basse e delle agevolazioni.

 

“Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”

Se, in precedenza, la pena consisteva nella reclusione da un anno e sei mesi a sei anni, con il Decreto fiscale 2020 la pena prevista è la reclusione da tre a otto anni.

Il reato scatta quando l’imposta evasa supera i 30 mila euro e l’importo complessivo degli elementi attivi sottratti alla tassazione è superiore al 5% del totale degli elementi attivi riportati in dichiarazione o, comunque, superiore a 1.500.000 euro.

Sono previste: intercettazioni delle conversazioni, custodia cautelare in carcere e responsabilità amministrativa della società.

Ricordiamo che non costituiscono mezzi fraudolenti la semplice violazione degli obblighi di fatturazione e l’annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili e neanche la semplice indicazione o annotazione di elementi attivi inferiori rispetto a quelli effettivi.

 

 “Dichiarazione infedele”

Commette questo reato chi, per evadere le imposte sui redditi e l’IVA, indica nella dichiarazione annuale elementi attivi per un importo inferiore a quello reale o elementi passivi inesistenti.

In precedenza, il reato di dichiarazione infedele si configurava per un valore d’imposta evasa superiore a 150 mila euro per un importo degli elementi attivi elusi all’imposizione superiore a 3.000.000 di euro.

Con la riforma le soglie di punibilità sono calate. Il reato scatterà qualora il valore dell’imposta evasa superi i 100 mila euro e se l’importo degli elementi attivi sottratti alla tassazione superi i 2.000.000 euro.

La pena si inasprisce e prevede la reclusione da un minimo di due anni ad un massimo di quattro anni e sei mesi con esclusione della messa alla prova. In precedenza, questo reato veniva punito con la reclusione da un anno a tre anni.

Il reato non è punibile se i debiti tributari (inclusi interessi e sanzioni) vengono estinti mediante pagamento integrale degli importi dovuti a seguito del ravvedimento operoso.

 

 “Omessa dichiarazione”

Commette il reato di omessa dichiarazione chi non presenta, essendovi obbligato, dichiarazione relativa ai redditi o all’IVA quando l’imposta evasa supera i 50 mila euro o se l’ammontare delle ritenute non versate supera i 50 mila euro.

Per l’omessa dichiarazione, la pena detentiva è stata notevolmente aumentata. Si passa dalla reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni della norma precedente all’attuale pena che va da due a sei anni.

In tal modo, anche per questo reato non è più possibile accedere all’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, rito alternativo accessibile solo quando il reato commesso è punito con la pena della reclusione fino a 4 anni.

Non è ritenuta ‘omessa’ la dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta/redatta su un modello conforme a quello prescritto.

 

“Occultamento o distruzione documenti contabili”

Attualmente, l’occultamento o distruzione dei documenti contabili è un reato punibile con una pena detentiva che può arrivare fino a sette anni di reclusione.

Sono previste: intercettazioni delle conversazioni, custodia cautelare in carcere e responsabilità amministrativa della società.

 

Confisca ‘allargata’ ai reati tributari

Per i reati appena descritti, in caso di condanna o patteggiamento della pena si prevede la cosiddetta confisca ‘allargata‘ di cui all’ex art. 240 bis c.p. La confisca allargata scatta qualora l’ammontare degli elementi passivi fittizi superi i 200 mila euro.

Si tratta di una misura di sicurezza patrimoniale atipica, applicata in precedenza ad altri reati (criminalità organizzata e, dal 2018, larga parte dei reati contro la pubblica amministrazione).

Questa misura di sicurezza patrimoniale viene considerata atipica in quanto non richiede il nesso di pertinenzialità della res con il reato ma si basa sulla presunzione che il bene sia stato acquistato mediante condotte illecite.

La confisca allargata punta a prevenire ulteriori reati da parte del condannato. Prevede l’espropriazione a favore dello Stato di beni che, restando in possesso di chi ha compiuto il reato tributario, potrebbero spingere lo stesso a commetterne altri.

Oggetti della confisca sono: beni (anche la prima casa del reo), denaro o altre utilità di cui il reo non è in grado di giustificare la provenienza, di cui risulti titolare o di cui abbia la disponibilità per un valore sproporzionato rispetto al proprio reddito.

La sproporzione tra i beni e la situazione reddituale fa presumere, fino a prova contraria, l’illegittima provenienza degli stessi, confiscabili secondo l’ex art. 240 bis c.p. nell’ambito di una ragionevolezza temporale.

Le disposizioni in tema di confisca allargata si applicheranno soltanto alle condotte poste in essere dopo il 24 dicembre 2019.

 

Gli altri reati tributari

Riportiamo schematicamente le sanzioni penali previste per gli altri reati posti a tutela del versamento delle imposte:

Omesso versamento delle ritenute per un ammontare superiore a 150 mila euro: reclusione da sei mesi a due anni;

Omesso versamento IVA per un importo che supera i 250 mila euro: reclusione da sei mesi a due anni;

Indebita compensazione di crediti non spettanti per un ammontare annuo che supera i 50 mila euro: reclusione da sei mesi a due anni;

Indebita compensazione di crediti inesistenti per un importo annuo superiore a 50 mila euro: reclusione da un anno e sei mesi a sei anni;

Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (redditi o IVA) o di interessi/sanzioni amministrativi delle imposte di ammontare complessivo che supera i 50 mila euro: reclusione da sei mesi a quattro anni. Se l’importo delle imposte, sanzioni e interessi supera i 200 mila euro la reclusione aumenta da un minimo di un anno ad un massimo di sei anni;

Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte nella transazione fiscale per un importo superiore ai 50 mila euro: reclusione da sei mesi a quattro anni. Se, invece, l’importo supera i 200 mila euro, si prevede una pena detentiva da un anno a sei anni.

 

Lotta contro la frode: novità introdotte dalla Direttiva PIF

In attuazione della Direttiva PIF (Direttiva UE 2017/1371), il 23 gennaio scorso è stato approvato dal Cdm un decreto legislativo. La direttiva PIF in questione si riferisce alla “lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’UE mediante il diritto penale”.

Con questo decreto legislativo la riforma prevede sanzioni più pesanti per svariati reati tra cui i reati tributari e contro la PA.

Le nuove sanzioni penali introdotte prevedono pene fino a quattro anni di carcere per certi reati compiuti ai danni degli interessi finanziari dell’UE.

Nel mirino della riforma non ci sono soltanto le persone fisiche. Modificando il D.lgs. n. 231/2001, il Decreto fiscale 2020 interviene sulla responsabilità amministrativa degli Enti quando i reati in questione vengono compiuti nel loro interesse.

 

Riforma dei reati tributari e crisi economica da Covid-19

Concludiamo accennando all’attuale crisi che coinvolge l’imprenditoria italiana a causa del lockdown per l’emergenza sanitaria ed economica da Covid-19.

Un contesto come quello attuale potrebbe determinare un incremento dei casi di insolvenza delle imprese col rischio di un aumento di illeciti fiscali o di indebite richieste di contributi e agevolazioni pubbliche.

Le regole della compliance 231/2001 possono contribuire a far fronte al maggior rischio di condotte illecite. A tal fine, può risultare necessario aggiornare i modelli organizzativi delle aziende per aumentare il flusso di informazioni e consentire agli organismi di vigilanza di individuare e prevenire condotte illecite o poco trasparenti.

L’art. 5 del Decreto Liquidità (D.L. n. 23/2020) ha rinviato al 1° settembre 2021 l’entrata in vigore del Codice della crisi di impresa che, inizialmente, era stata prevista per il 15 agosto 2020. Per contro, dal 1° luglio 2020, le imprese torneranno soggette ad istanza di fallimento. In questo arco di tempo (dal 1° luglio al 1° settembre 2020), il numero di imprese a rischio insolvenza è destinato a salire tragicamente.

Una prospettiva del genere potrebbe alimentare i reati d’impresa e tributari. Considerando che tali reati rappresenterebbero una naturale ed inevitabile conseguenza della crisi, le imprese dovrebbero adottare fin d’ora comportamenti ‘virtuosi’ per affrontare la crisi senza cadere nell’illecito. Come? Attraverso sistemi evoluti di governance, un potenziamento di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili interni. Un comportamento che lo stesso Codice della crisi di impresa impone e che può tornare utile anche “in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale”.

In questo modo, l’organismo di vigilanza potrà verificare e rilevare tempestivamente gli effettivi stati di crisi, il rischio di condotte illecite, reati tributari, indebite richieste di contributi e di agevolazioni pubbliche.