La nuova legge per contrastare il fenomeno del Revenge Porn
Per rispondere ad alcuni noti fatti di cronaca, inerenti la barbara prassi di divulgare materiale, a sfondo sessuale, raffigurante la propria partner, per volontà di tutte le forze politiche – sia di maggioranza sia di minoranza – nel nostro Codice penale è stato introdotto l’art. 612ter, disciplinante il delitto di “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”, volto a sanzionare il fenomeno del c.d. revenge porn (porno vendetta).
Si tratta di una specifica forma di interferenza privata agita – nella maggior parte dei casi – dall’ex partner dopo l’interruzione della relazione sentimentale, volta a mortificare e diffamare il soggetto ritratto, alimentando il proprio futile motivo di vendetta.
Poco importa se, al momento della videoregistrazione o dell’istantanea vi fosse il consenso dell’altra persona coinvolta: se l’atto sessuale non è stato compiuto per essere registrato e pubblicizzato, i contenuti non possono essere diffusi.
Revenge porn: la definizione giuridica
L’intervento legislativo si è reso opportuno in seguito alla crescita esponenziale del fenomeno, diffuso sia all’estero sia in Italia, ove gli episodi di vendetta pornografica hanno talvolta causato vere e proprie tragedie: in più di un caso le persone offese, esasperate per la situazione creatasi dopo la diffusione di video o scatti privati, hanno deciso di togliersi la vita.
Così come confermato dalle dichiarazioni delle vittime, osservare come materiale privato divenga di dominio pubblico può essere paragonato a una vera e propria violenza sessuale.
Il delitto di “Diffusione illecita d’immagini o video sessualmente espliciti” punisce chiunque invia, cede, pubblica o diffonde immagini oppure video sessualmente espliciti destinati a rimanere privati, direttamente realizzati oppure acquisiti (art. 612ter comma 1 c.p.). Il presupposto di tale reato, evidentemente, consiste nella realizzazione o sottrazione di immagini e/o video, rinviabile a qualunque apprensione illecita (es. furto, appropriazione indebita, ecc.).
Per il momento, si ritiene che il reato sussista solo qualora il contenuto del materiale diffuso riprenda attività sessuali esplicite. Sono quindi esclusi, per esempio, quei contenuti ritraenti toccamenti di zone non necessariamente “intime”, ma almeno “erogene”, anche se coperte da indumenti.
Le pene sancite per i trasgressori; reato a querela di parte
Il soggetto attivo del reato è punibile con una reclusione da 1 anno a 6 anni e una multa da 5mila a 15mila euro. Se i fatti sono riferibili a fattispecie di reato più gravi, si applicano le pene per queste previste.
La pena della reclusione da 1 a 6 anni non si applica esclusivamente a chi, per primo, opera la diffusione del materiale sessualmente esplicito, ma anche a chiunque, in un secondo momento, ricevuto il contenuto, lo diffonda a sua volta in modo arbitrario, allo scopo di ledere le parti coinvolte. Non rientrano nel quadro criminoso tutti quei comportamenti traducibili esclusivamente in un trattamento illecito dei dati personali, che rimangono dunque perseguibili secondo l’art. 167 cod. privacy.
Le pene sono aumentate di 1/3 se il fatto sia stato commesso da persona legata da una relazione affettiva alla vittima e/o se è stato compiuto sfruttando dispositivi informatici o telematici.
Le pene sono aumentate da 1/3 alla metà se il fatto è stato commesso in danno di una persona in condizioni di inferiorità fisica o psichica oppure in stato di gravidanza.
Eccezion fatta per quest’ultimo caso, il reato è procedibile a querela di parte: la persona offesa ha 6(sei) mesi di tempo per denunciare il torto subito alle Autorità. Al pari del reato di Stalking (art. 612bis c.p.) non solo viene riconosciuto alla persona offesa un lasso temporale più ampio per valutare se proporre querela (6 mesi anziché il termine consueto di 3 mesi), ma si subordina il ritiro (c.d. remissione) della querela già depositata al controllo dell’Autorità Giudiziaria: è necessario verificare che la persona offesa abbia deciso di fare un “passo indietro” spontaneamente e non per l’effetto di eventuali pressioni esterne.
Nel caso pendano procedimenti civili di separazione dei coniugi o cause relative all’affidamento di minori o sulla responsabilità genitoriale, il giudice penale deve trasmettere al giudice civile senza ritardo copia dei provvedimenti adottati.
Come difendersi nell’immediato
Se si nota un’immagine postata in rete ritraente parti intime, il primo passo da fare è contattare immediatamente lo staff del social network. Ormai tutte le principali piattaforme permettono di segnalare contenuti inappropriati, lesivi verso terze parti, e solitamente il personale è molto veloce a rimuoverli e a sospendere l’account incriminato.
In risposta alla seria minaccia che il revenge porn rappresenta, i grandi gruppi hanno sviluppato soluzioni specifiche contro gli abusi perpetrati. Mark Zuckerberg, fondatore e amministratore delegato di Facebook Inc., ha dichiarato guerra ai responsabili, attraverso azioni concrete, quali la tecnologia del photo-matching, per evitare che gli elementi eliminati vengano condivisi nuovamente. Quando immagini o video sono condivisi senza autorizzazioni su Facebook e Instagram, una moderna funzione lo rileva e persone a ciò appositamente formate, prendendone visione, decideranno se disabilitare i profili inerenti.
Dopo la rimozione, è necessario denunciare l’accaduto alle Autorità, con un report del materiale pubblicato, i commenti degli utenti e gli screenshot dei messaggi ricevuti sui social network una volta che le immagini sono state pubblicate. Così facendo si potrà richiedere anche un risarcimento per i danni d’immagine, offrendo la dovuta documentazione a sostegno della propria tesi.
Chiaramente non si può non considerare come, per quanto sia celere l’attivazione delle suddette procedure, siano sufficienti pochissimi minuti affinché gli scatti o i video pubblicati diventino virali e visibili a chiunque. E’ quindi consigliabile tutelarsi al meglio, anche con l’assistenza di un professionista, al fine di prendere atto della situazione nel suo complesso, contattare tutti i siti/piattaforme digitali interessati ed, infine, addivenire all’integrale riparazione dell’offesa subita per l’effetto di iter spesso lunghi e tortuosi.