Il reato di rapina
Il reato di rapina è disciplinato dall’art. 628 del codice penale, che lo individua nell’ipotesi in cui chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene. Ricade sempre in questo contesto giuridico colui che– come si legge nel secondo comma della stessa norma – adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sé o ad altri l’impunità.
In tali casi, il legislatore ha previsto una pena consistente nella reclusione da cinque a dieci anni, e una multa da 927 a 5.000 euro. Nel caso in cui siano configurabili circostanze aggravanti, la pena è aumentata, con reclusione da sei a venti anni e multa da 2.000 a 4.000 euro.
Elemento soggettivo del reato di rapina
Il reato di rapina è un delitto contro il patrimonio perpetrato mediante il ricorso a violenza o minaccia. Il suo elemento soggettivo consiste nella volontà di porre in essere gli elementi costitutivi del delitto e, dunque, di impossessarsi di una cosa mobile, sottraendola con violenza e minaccia a chi la detiene.
L’agente del reato può essere chiunque, qualificando così il reato di rapina come un reato comune. Colui che è la parte passiva del reato, la vittima, è chi detiene o possiede la cosa oggetto dell’azione violenta o minacciosa della parte attiva.
Si tenga tuttavia conto che l’opinione giurisprudenziale prevalente qualifica il reato di rapina anche nel momento in cui la condotta violenta o minacciosa viene esercitata non nei confronti del possessore o detentore della cosa, quanto anche di persona diversa, a patto che tra la violenza e l’impossessamento interceda un nesso di causalità tale che abbia carattere di immediatezza.
Elemento oggettivo del reato di rapina
L’elemento oggettivo del reato di rapina è l’azione di impossessamento della cosa mobile altrui, che viene sottratta a colui che la possiede o la detiene con minaccia o violenza. È dunque una condotta posta in essere con lo scopo di entrare in possesso di una cosa altrui (rapina propria) o per assicurare il possesso a sé o ad altri, ovvero per garantire a se stesso o ad altri l’impunità (rapina impropria).
Dunque, sia rapina propria che impropria condividono lo stesso elemento oggettivo a cambiare è il processo criminale delle condotte che lo compongono e la diversa direzione della condotta violenta o minacciosa.
Rapporti con altri reati
Il rapporto più stretto del reato di rapina è certamente quello con il reato di furto, che all’art. 624 del codice penale sostiene che “chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516″.
Da un’attenta lettura del tenore letterale della norma appare chiara quale sia la differenza di configurazione dei due delitti: nel reato di rapina, infatti, tra gli elementi costitutivi fondamentali per la sua qualificazione vi è l’uso della violenza o della minaccia che, nel caso di furto, sono invece assenti.
Tale spunto ci permette altresì di qualificare il reato di rapina come un reato plurioffensivo, considerato che l’offesa del delitto in questione non si riferisce solamente alla lesione del patrimonio della sua vittima ma, proprio in virtù della condotta di violenza o minaccia, anche della sua integrità fisica e morale.
Le circostanze aggravanti e attenuanti del reato di rapina
Il reato di rapina può essere aggravato da alcune circostanze – previste dal terzo comma dell’art. 628 del codice penale, se:
- la violenza o minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite;
- la violenza consiste nel porre taluno in stato d’incapacità di volere o di agire;
- la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell’associazione di cui all’articolo;
- il fatto è commesso nei luoghi di cui all’articolo 624 bis o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
- il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto;
- il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell’atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro;
- il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne.
In questi casi di rapina aggravata, la pena consiste nella reclusione da sei a venti anni e in una multa da 2.000 euro a 4.000 euro.
Nel caso in cui, tuttavia, concorrano almeno due delle circostanze aggravanti di cui sopra, (reato di rapina pluriaggravata), la pena della reclusione è di minimo sette anni, mentre la multa è di minimo 2.500 euro.
Di contro, il reato di rapina può altresì essere interessato da alcune attenuanti di natura generica, quali quelle previste dall’art. 62 del codice penale. Si tratta dell’aver cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità “ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l’avere agito per conseguire o l’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l’evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità”.
È pur vero, si precisa in questa sede, che l’opinione prevalente in giurisprudenza è quello di tenere nella debita considerazione il fatto che il reato di rapina non è un delitto contro il patrimonio senso stretto, bensì un reato plurioffensivo. Dunque, nella considerazione delle attenuanti, andrà valutata non solamente la tenuità del danno patrimoniale, quanto anche l’evento dannoso nel suo complesso, con specifico riferimento agli impatti su libertà morale e personale del soggetto passivo.
Procedibilità per il reato di rapina
Il reato di rapina è procedibile d’ufficio ed è permessa l’applicazione di misure cautelari personali. La competenza è del tribunale, in composizione monocratica per le ipotesi di rapina propria ei impropria. Nel caso in cui siano presenti circostanze aggravanti, la competenza passa al tribunale collegiale.