Il diritto dell’ex partner sul trattamento di fine rapporto (tfr)
Il vincolo coniugale dà diritto ad una percentuale, garantita per legge, sul TFR[Trattamento di Fine Rapporto] del partner, anche dopo lo scioglimento dell’unione matrimoniale, previo accertamento della sussistenza di determinati presupposti. La ragione di tale previsione legislativa è la seguente: il coniuge, nel percorso di vita, ha contribuito alla conservazione e magari anche al miglioramento della posizione lavorativa dell’altro e, per questo, gli è dovuta, a titolo di riconoscimento, una percentuale del Trattamento di Fine Rapporto.
Quota TFR coniuge divorziato: calcolo
L’art. 12-bis legge n. 898 del 1970 stabilisce: “Il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza. Tale percentuale è pari al quaranta per cento dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio”.
Qualora il TFR maturi dopo la sentenza di divorzio, il partner interessato alla quota dovrà presentare istanza al Tribunale affinché il suo diritto sia accertato e riconosciuto. L’organo competente valuterà se, al momento della domanda, il richiedente possegga i requisiti previsti dalla Legge di Divorzio, ovvero se:
- Percepisce un assegno divorzile con cadenza periodica dall’ex partner;
- Non è convolato a “nuove nozze”
In tal caso, il coniuge divorziato ha diritto al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.
TFR dopo la separazione
Eguale diritto non spetta al coniuge separato. Ed invero, il codice normativo sull’istituto della separazione non prevede in alcun modo la partecipazione di un coniuge all’indennità di fine rapporto percepita dall’altro. La giurisprudenza, intervenuta in diverse circostanze sull’argomento, ha categoricamente smentito un’interpretazione estensiva della normativa, che ne permette l’applicazione pure al coniuge separato. Infatti, ha specificato che il diritto alla quota del Trattamento di Fine Rapporto dell’altro coniuge nasce solo nell’eventualità in cui l’indennità maturi al momento o dopo la proposizione della domanda divorzile, ma non antecedentemente ad essa.
Ecco dunque che, se il soggetto separato interrompe il rapporto lavorativo in seguito alla pronuncia di separazione, ma prima che si instauri il giudizio di divorzio, egli può di fatto disporre liberamente dell’indennità ricevuta e l’altro coniuge non ha alcun diritto di pretesa, anche se titolare di assegno di mantenimento. Inoltre, alcuni orientamenti escludono la possibilità di pretesa su una quota delle eventuali anticipazioni sul TFR percepite dall’altro coniuge in costanza di separazione, in quanto tali somme sono entrate nell’esclusiva disponibilità dell’avente diritto. Pertanto, il coniuge separato ha facoltà di pretendere una quota del TFR corrisposta all’altro solo se, al momento della maturazione dell’indennità di fine rapporto, egli abbia già depositato ricorso per divorzio presso la cancelleria del tribunale competente.
La revisione della quota spettante
Anche se il coniuge separato non vanta gli stessi specifici diritti del coniuge divorziato sul TFR liquidato all’ex partner, esiste comunque margine per avanzare pretese patrimoniali sulla base della maggior disponibilità economica dell’avente diritto all’indennità previdenziale.
Ed infatti, se il TFR viene percepito in costanza del giudizio di separazione, il giudice dovrà prenderne atto nel determinare la situazione economica e quindi alla finalità di quantificare l’assegno di mantenimento in favore dell’altro coniuge.
Laddove, invece, il coniuge separato percepisca il TFR dopo la pronuncia della separazione, ma prima della presentazione della domanda di divorzio, l’altro soggetto avrà modo di chiedere che l’assegno di mantenimento sia revisionato. La riscossione del Trattamento di Fine Rapporto da parte di un coniuge comporta una modifica della situazione economica rispetto a quella sussistente al momento in cui fu pronunciata la separazione.
In caso di decesso della parte tenuta alla prestazione, l’altro ha comunque diritto a percepire la quota di TFR, come stabilito dalla Corte Suprema di Cassazione “l’obbligo dell’ex coniuge […] ha natura patrimoniale, con la conseguenza che, in caso di decesso del coniuge tenuto alla prestazione, esso, se rimasto inadempiuto, rientra nell’asse ereditario, gravando sugli eredi del de cuius” (cfr. sent. n. 4867/2006).