Avvocato Brescia | I doveri dell’Avvocato
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I doveri dell’Avvocato

Quali principi e leggi deve rispettare il legale? Quali sono i doveri dell’avvocato?

Il compito fondamentale dell’avvocato è tutelare il diritto alla libertà, l’inviolabilità e l’effettività della difesa garantendo il rispetto delle regole del giudizio nel processo.

Nella sua attività professionale, il legale vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione Italiana e delle norme dell’Unione Europea. Soltanto rispettando determinate norme e principi l’avvocato può assicurare una tutela effettiva al proprio assistito.

È tenuto ad esercitare la propria attività professionale con lealtà, indipendenza, correttezza, dignità, probità, decoro, diligenza e competenza.

Per salvaguardare la sua reputazione e l’immagine della professione forense, l’avvocato dovrà inoltre tenere un contegno socialmente e moralmente impeccabile, osservare i principi che andremo a descrivere anche quando non svolge la sua attività.

Concentriamo il nostro focus sui doveri nei confronti dei clienti e della collettività, sulla responsabilità civile e disciplinare del professionista legale.

 

I doveri dell’avvocato: norme di riferimento

In materia di doveri e responsabilità dell’avvocato, le norme di riferimento sono contenute nel Codice Civile, nella Legge n. 247/2012 e nel Codice Deontologico Forense.

Le disposizioni più rilevanti contenute nel Codice Civile sono:

art. 1176 c.2, che definisce la diligenza media del professionista;

– art. 1218 riferito alla responsabilità per inadempimento;

– art. 2236 relativo alla “responsabilità del prestatore d’opera”. In caso di prestazione che comporta la soluzione di problemi tecnici particolarmente difficili, il prestatore d’opera non risponde dei danni (tranne in caso di dolo o colpa grave). Si esclude la responsabilità per colpa lieve.

Passiamo alla Legge n. 247/2012 (Legge professionale forense). Di particolare rilevanza sono le norme sui Doveri e deontologia (art. 3), Segreto professionale (art. 6), Assicurazione per la responsabilità civile e contro gli infortuni (art. 12), Conferimento dell’incarico e compenso (art. art. 13), Mandato professionale sostituzioni e collaborazioni (art. 14).

Il Codice Deontologico Forense è stato approvato il 31 gennaio 2014 dal CNF (Consiglio Nazionale Forense) e pubblicato in G.U. Serie Generale n. 241 del 16 ottobre 2014. Contiene disposizioni fondamentali riguardanti il dovere di fedeltà (art. 10), rapporto di fiducia e accettazione dell’incarico (art. 11), dovere di diligenza (art. 12), di segretezza e riservatezza (art. 13), di competenza (art. 14), di informazione (art. 27), conferimento dell’incarico (art. 23), adempimento del mandato (art. 26), riserbo e segreto professionale (art. 28), rinuncia al mandato (art. 32).

Concentriamoci sulle disposizioni del Codice Deontologico Forense che pone in capo all’avvocato numerosi doveri nei confronti dei clienti e della collettività.

Vediamo quali sono i più importanti.

  1. Dovere di fedeltà

L’avvocato deve adempiere il proprio mandato con fedeltà, vale a dire a tutela dell’interesse del cliente. Deve rispettare il rilievo costituzionale e sociale della difesa (art. 4 del Codice Deontologico Forense).

In pratica, una volta ottenuto il mandato, il professionista deve porre in essere tempestivamente tutti gli adempimenti necessari per assicurare al cliente una tutela effettiva. L’avvocato che, ad esempio, ha un comportamento elusivo finalizzato ad impedire al cliente di ottenere informazioni importanti e cercando di ottenere maggior profitto a suo favore dalla conclusione della pratica, viola di fatto il dovere di fedeltà (sentenza n. 206/2011 del CNF)

  1. Dovere di diligenza

Il dovere di diligenza (art. 1176 C.C.) dell’avvocato si estrinseca nello svolgimento della propria funzione con diligenza e coscienza.

L’obbligazione dell’avvocato è un’obbligazione di mezzi e non di risultato: il professionista non è tenuto a garantire il risultato proficuo della propria attività, bensì si impegna a svolgere l’incarico nel miglior modo possibile attingendo alle sue conoscenze, competenze e preparazione.

Il Codice Deontologico garantisce ai clienti la qualità della prestazione professionale in questo senso. L’obbligo riguarda il dovere di informazione, sollecitazione e dissuasione della parte assistita (Cass. civ. sez. III n. 21589 del 12.10.2009).

L’avvocato dovrà esporre al cliente, sia al ricevimento del mandato sia nel corso del giudizio, ogni aspetto della situazione. Dovrà indicargli elementi favorevoli e sfavorevoli alla sua difesa nel corso del giudizio che possono incidere sul raggiungimento del risultato (Cass. civ.sez. III n.19520 del 19.07.2019).

  1. Dovere di segretezza e riservatezza

Il dovere di segretezza e riservatezza menzionato dal Codice Deontologico consiste nell’osservare rigorosamente il segreto professionale nell’interesse della parte assistita. Il legale deve avere il massimo riserbo su ogni fatto, informazione, dettaglio o circostanza di cui è venuto a conoscenza nel rappresentare ed assistere in giudizio il proprio cliente. Riservatezza e segreto professionale sono alla base del rapporto di fiducia instaurato tra avvocato e cliente. Tale dovere è posto a tutela della parte assistita e si riferisce a qualsiasi informazione riferita al proprio difensore.

A tal proposito il CNF, con la sentenza. n. 130/2013, ha precisato che l’avvocato ha l’obbligo di tenere riservata l’esistenza stessa del rapporto, in particolare l’oggetto del mandato difensivo. Non può farsi pubblicità rivelando chi sono i suoi assistiti.

  1. Dovere di informazione

Il dovere di informazione (art. 27 del Codice Deontologico Forense) impone al legale di comunicare all’assistito in modo chiaro le caratteristiche e l’importanza dell’incarico conferitogli, delle attività da svolgere, incluse le iniziative difensive da adottare e le ipotesi di soluzione del caso.

Il cliente deve essere, oltretutto, informato dall’avvocato riguardo alla prevedibile durata del processo ed ai relativi costi della prestazione ipotizzabili. Il legale deve informare il cliente dei costi della prestazione professionale in forma scritta sulla base degli elementi di fatto e di diritto in possesso al momento del conferimento dell’incarico, fatta salva la possibilità di diversamente quantificare in corrispondenza di variazioni empiriche imprevedibili e/o impreviste.

Il dovere di informazione include anche la possibilità per il cliente di avvalersi del gratuito patrocinio (a spese dello Stato), di avvalersi della mediazione e negoziazione assistita, di conoscere percorsi alternativi al contenzioso giudiziario.

L’avvocato deve anche comunicare al cliente gli estremi della propria polizza assicurativa.

Il Codice Deontologico prevede anche che l’avvocato, ove richiesto, debba informare il cliente sullo svolgimento del mandato fornendo copia di tutti i documenti e gli atti che lo riguardano.

L’obbligo di informazione fa parte del dovere di diligenza professionale.

  1. Dovere di riserbo e segreto professionale

L’art. 28 del Codice Deontologico Forense impone all’avvocato il fondamentale dovere di riserbo e segreto professionale sulle informazioni riferite dall’assistito e di cui viene a conoscenza autonomamente durante il mandato. Il legale deve anche garantire il massimo riserbo osservato dai suoi dipendenti, collaboratori, consulenti e praticanti.

Per tutelare la sfera privata del cliente, qualsiasi informazione che lo riguarda deve essere tenuta segreta e riservata, non deve essere rivelata o diffusa in nessun caso: durante il mandato o quando sia terminato, ma anche in caso di rinuncia o non accettazione del mandato.

 

Doveri dell’avvocato e responsabilità: rilevanza disciplinare

L’art. 3 della Legge 247/2012 sancisce i principi su cui si basa la professione forense: autonomia, indipendenza, lealtà, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza. Tutti questi elementi essenziali tengono conto del rilievo sociale della difesa nonché del rispetto dei principi della corretta e leale concorrenza.

Il legale – SE iscritto negli appositi elenchi – è tenuto a prestare la difesa d’ufficio e deve garantire il patrocinio ai non abbienti.

A tutela della collettività, l’avvocato può informare sulla propria attività professionale, organizzazione e struttura dello studio, sui propri titoli professionali posseduti. Le informazioni diffuse pubblicamente devono essere corrette, trasparenti, veritiere. Non devono essere ingannevoli, denigratorie, suggestive o comparative. L’avvocato ha il dovere di correttezza verso i terzi (istituzioni forensi, colleghi, magistratura).

Gli avvocati sono tenuti a rispettare non solo la Legge 247/2012 ma anche i principi del Codice Deontologico Forense le cui norme hanno rilevanza disciplinare. Sono responsabili di quanto commesso da associati, collaboratori e sostituti che operano sotto la loro direzione o incarico.

Il Codice Deontologico Forense dispone l’applicazione di adeguate e proporzionate sanzioni disciplinari per violazioni deontologiche commesse. L’applicazione delle sanzioni insieme alla valutazione del comportamento complessivo dell’incolpato spetta agli Organi disciplinari.

Indipendentemente dal fatto che si tratti di una o più violazioni deontologiche, la sanzione sarà unica e commisurata a diversi fattori: grado di colpa, gravità del fatto, comportamento dell’incolpato prima e dopo aver commesso la violazione, eventuale dolo e relativa intensità. Nel determinare la sanzione, si terrà conto di altri aspetti: circostanze oggettive e soggettive nel contesto in cui si è verificata la violazione, eventuale pregiudizio subito dal cliente, compromissione dell’immagine e vita professionale, eventuali precedenti disciplinari.

 

Codice Deontologico Forense: sanzioni disciplinari

L’art. 22 del Codice Deontologico Forense prevede 4 tipologie di sanzioni disciplinari:

Avvertimento: se il fatto contestato non è grave e si presume che l’incolpato non compia ulteriori infrazioni. Consiste nell’informare l’incolpato sulla non conformità alle norme di legge e deontologiche della condotta con invito ad astenersi dal commettere nuove infrazioni;

Censura: biasimo formale. Si applica quando, in considerazione della gravità dell’infrazione, dei precedenti e del comportamento dell’incolpato successivo al fatto e del grado di responsabilità, si ritenga che non commetterà un’ulteriore infrazione;

Sospensione: esclusione temporanea dall’esercizio della professione o praticantato (da 2 mesi a 5 anni). Questa sanzione si applica per violazioni commesse a seguito di comportamenti e responsabilità gravi o quando non sussistono le condizioni per applicare soltanto la censura;

Radiazione: esclusione definitiva dall’albo, elenco o registro. Tale sanzione, prevista per violazioni molto gravi, impedisce l’iscrizione a qualunque altro albo, elenco o registro, fatto salvo quanto previsto dalla legge.