Avvocato Brescia | Assegnazione casa familiare in caso di allontanamento dei minori per lungo periodo
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Assegnazione casa familiare in caso di allontanamento dei minori per lungo periodo

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Assegnazione casa familiare in caso di allontanamento dei minori per lungo periodo

Per assegnare la casa familiare il giudice deve valutare l’esistenza di un legame stabile tra il minore e l’immobile che è già adibito a casa familiare. In caso di allontanamento, in relazione al tempo trascorso, dovrà altresì verificare la persistenza di tale legame.

Ad affermarlo è la recente sentenza n. 27907 del 13 ottobre 2021 da parte della Cassazione civile, sez. I.

Il caso

Il Tribunale di Lecce, decidendo sul ricorso per l’affidamento e il mantenimento dei figli, disponeva l’affidamento dei figli minori della coppia ad entrambi i genitori, con una collocazione prevalente presso la madre. Con ciò, il Tribunale stabiliva altresì l’assegnazione della casa familiare alla madre, ricomprendendo in tale assegnazione due unità immobiliari confinanti.

Il padre presentava reclamo alla Corte di Appello di Lecce. I giudici di seconde cure hanno preso in esame il certificato di residenza della made e il certificato storico di residenza, oltre alle relazioni dell’assistente sociale, da cui si evinceva che sia la madre che i figli utilizzavano tutto il complesso immobiliare.

Di qui, la valutazione dei giudici, che hanno ritenuto come l’intero fabbricato costituisse casa familiare e che come tale fosse utilizzato sia dalla madre che dai figli minori. Ne deriva che, anche per i giudici in seconde cure, l’intero immobile, composto di due unità finitime, doveva essere assegnato alla donna, per permettere ai minori di non subire un ulteriore trauma che sarebbe stato rappresentato dall’allontanamento dalla casa familiare.

Il padre propone ricorso alla Suprema Corte contro questa decisione.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso

I giudici della Suprema Corte accolgono il ricorso dell’uomo rammentando, innanzitutto, come l’art. 337-sexies c.c. stabilisca che il godimento della casa familiare è attribuito tenendo conto prioritariamente dell’interesse dei figli, senza tuttavia determinare quali debbano essere le caratteristiche identificative di tale destinazione. Pertanto, è ben possibile che possa essere problematica la qualificazione giuridica di un immobile come abitazione in familiare in tutte quelle ipotesi – invero, numerose – in cui non sia possibile identificare in modo univoco che la situazione preesistente al conflitto giudiziale sia contraddistinta da un utilizzo stabile e continuativo dell’appartamento come abitazione del nucleo familiare, intendendo come tale – nella fattispecie – quello composto dai genitori e dai figli minori.

Per poter comprendere se un immobile sia o meno qualificabile come abitazione familiare occorrerà pertanto verificare se prima del conflitto tra i coniugi vi fosse o meno una stabile e continuativa utilizzazione dell’abitazione da parte dell’intero nucleo, e se sia altresì possibile valutare come l’unità abitativa fosse, in tal periodo, il centro di aggregazione della famiglia, cioè il luogo in cui si esplicano affetti, interessi e consuetudini del nucleo familiare.

Così sancito, gli Ermellini rilevano altresì come, nel procedere all’assegnazione della casa familiare, i giudici di merito debbano valutare la sussistenza di uno stabile legame fra il minore e l’immobile adibito a casa familiare. In caso di allontanamento, bisognerà altresì valutare la persistenza del legame in considerazione del tempo trascorso.

Quindi, i giudici in Appello avrebbero dovuto stabilire – tra gli altri aspetti di merito – se i minori si fossero allontanati dall’abitazione familiare e se la durata di un eventuale allontanamento avesse o meno compromesso lo stabile legame fra i medesimi e l’immobile già adibito a casa familiare, analizzando anche le prove testimoniali, dalle quali – nel caso in esame – era possibile scoprire come i figli minori si fossero allontanati dalle unità immobiliari confinanti per un lasso di tempo di oltre cinque anni.

Ciò nonostante – si legge nella motivazione della Corte – i giudici di merito non si sono premurati di offrire argomentazioni rispetto alla loro ammissione. Gli Ermellini rammentano poi come secondo la giurisprudenza della stessa Corte l’omissione di motivazione su una richiesta di prova che è idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare l’efficacia di altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito sia denunciabile in sede di legittimità, comportando che la ratio decidendi della situazione impugnata viene a trovarsi priva di fondamento.

Dunque, l’aver omesso di valutare l’istanza di prova testimoniale mediante la quale il ricorrente avrebbe potuto dare prova del venir meno del legame fra i minori e l’abitazione costituisce un vizio di motivazione che impone l’accoglimento del ricorso.