Stalking, dall’inglese to stalk, ossia “fare la posta, inseguire la preda”
Il reato di “Atti persecutori” è un reato contro la persona, disciplinato dall’art. 612bis del Codice penale, inserito ad opera della Legge n. 38/2009 per punire quella condotta molesta, intrusiva e reiterata che, prima del 2009, in assenza di una specifica norma, poteva essere ricondotta solo alle fattispecie meno gravi del reato di Molestia (punibile con la pena della reclusione al più di 6 mesi) e di Minaccia (punibile con la pena della reclusione fino ad 1 anno).
PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEL REATO
L’art. 612bis c.p. sanziona con la pena della detenzione da 6 mesi a 4 anni chiunque, salvo che il fatto costituisca più grave reato, “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero tale da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
L’art. 612bis è posto a tutela della libertà di autodeterminazione della persona, violata dalle altrui attività intrusive e fastidiose, quali, a titolo di esempio, telefonate, appostamenti, pedinamenti, sms, messaggi di posta elettronica o postati su social network, che mirano a ridurre la vittima in uno stato di soggezione psicologica. In particolare, il reato di Stalking sussiste quando la condotta dell’agente sia stata tale da, alternativamente:
- a) cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura
- b) ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria e dei propri cari;
- c) costringere la vittima ad alterare le proprie abitudini di vita.
Il reato è procedibile a querela di parte: trattandosi di condotte che ledono l’intimità della persona, solo e soltanto la persona offesa decide se portare a conoscenza dell’accaduto le Autorità oppure no. La querela può essere rimessa (ossia “ritirata”) soltanto in sede giudiziale: tale cautela è stata inserita ad opera della L. 119/2013 (la c.d. Legge sul Femminicidio) per evitare che la persona offesa, su insistenza dell’autore del reato, con cui spesso è o era legata da relazione affettiva, receda dai propri intenti perché intimorita, minacciata o ricattata. E’ dunque compito dell’Autorità Giudiziaria verificare se la querela viene rimessa a seguito di una scelta consapevole, ponderata e soprattutto spontanea della vittima.
QUALI CAUTELE OSSERVARE IN VISTA DI UN EVENTUALE PROCESSO
Considerato che il reato sussiste solo qualora gli atti persecutori siano compiuti in maniera reiterata, per dimostrare le molestie subite – al momento della proposizione della querela nonché nel corso del procedimento penale – è indispensabile conservare ogni elemento di prova (lettere, regali, e-mail, etc.), annotare ogni spostamento, avvicinamento, contatto o pedinamento, da registrarsi in una sorta di “diario del quotidiano”. E’ sufficiente dimostrare di essere stati vittima di almeno due comportamenti molesti continuati ed insistenti.
L’alterazione delle abitudini di vita, invece, può essere dimostrata operando un confronto fra il “complesso dei comportamenti che una persona solitamente mantiene nell’ambito familiare, sociale e lavorativo” ed i comportamenti che la vittima è costretta a tenere a seguito dell’attività persecutoria subita, quali, ad esempio, il trasferimento in altro quartiere o in un’altra città, cambiare lavoro e/o numero di cellulare, farsi sempre accompagnare da qualcuno, modificare il tragitto casa-lavoro, evitare di frequentare luoghi abituali noti al persecutore, ecc.
L’ALTERNATIVA ALLA QUERELA: L’AMMONIMENTO DEL QUESTORE
La L. 38/2009, oltre ad introdurre il reato di c.d. Stalking, ha avuto anche il merito di inserire uno strumento di tutela alternativo all’attivazione del procedimento penale: si tratta del c.d. Ammonimento dinanzi al Questore (art. 9 L. 38/2009). La persona offesa, in particolare, dopo aver raccontato l’accaduto in qualsiasi ufficio di polizia, presso un Centro Antiviolenza o al proprio legale di fiducia, viene informata della possibilità di attivare una procedura stragiudiziale ed evitare il forte impatto emotivo e le lungaggini inevitabili del procedimento penale. Si tratta quindi di uno strumento utile soprattutto nel momento in cui si riscontra una resistenza nello sporgere denuncia: chiedere l’ammonimento del Questore può essere per la vittima un forte input psicologico verso la richiesta di aiuto, senza tuttavia divenire parte del processo.
L’iter dell’ammonimento, il quale NON può essere attivato se è già stata sporta denuncia, è un percorso abbastanza veloce: in seguito alla presentazione della richiesta, il Questore, dopo aver eventualmente assunto in breve tempo informazioni dalla polizia giudiziaria o da altre persone informate sui fatti, emette un provvedimento, ove vengono elencati brevemente gli elementi di prova raccolti in maniera anonima, con cui convoca presso di sé il soggetto. Il procedimento davanti al Questore non è un giudizio penale, bensì un tentativo di far desistere il soggetto dal continuare a porre in essere atti persecutori: egli, infatti, viene informato circa la gravità e la perseguibilità penale della sua condotta e intimato a non reiterare il suo comportamento illecito, in quanto, qualora decidesse di farlo, incorrerebbe in un reato punito più severamente e perseguibile d’ufficio (ossia a prescindere dalla querela della persona offesa).
Si procede a prescindere dalla querela della persona offesa anche quando il reato di Atti persecutori è commesso: a) dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa; b) a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità; c) attraverso strumenti informatici o telematici (c.d. cyber-stalking). In presenza di queste circostanze, la pena è aumentata.
In conclusione, possiamo sostenere come per l’efficace tutela della vittima di stalking siano necessari (ma non sempre purtroppo sufficienti): la puntuale conoscenza del fenomeno e della normativa vigente da parte degli operatori coinvolti (Forze dell’Ordine, Magistratura, Avvocati, ecc.); la consapevolezza della persona offesa delle diverse Sedi ove avanzare le proprie ragioni; la puntuale raccolta e dimostrazione delle condotte intrusive subite reiteratamente nel tempo; la determinazione della persona offesa nel percorso prescelto, con l’eventuale supporto del Centro antiviolenza più vicino, indicato dagli operatori delle Forze dell’Ordine.