Avvocato Brescia | Trasferimento di residenza del minore: i criteri del Tribunale di Milano
1154
post-template-default,single,single-post,postid-1154,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,select-child-theme-ver-1.0.0,select-theme-ver-4.5,menu-animation-underline-bottom,side_area_over_content,wpb-js-composer js-comp-ver-7.9,vc_responsive
 

Trasferimento di residenza del minore: i criteri del Tribunale di Milano

Trasferimento di residenza del minore: i criteri del Tribunale di Milano

In una nota pronuncia, Il Tribunale di Milano ha riassunto una serie di criteri che devono ispirare il giudice nel momento in cui si trova a dirimere la controversia insorta tra i genitori affidatari della prole, nel caso in cui uno di essi intenda trasferire la propria residenza e, con essa, quella dei figli conviventi. Cerchiamo di sintetizzare quali siano.

Il diritto alla bigenitorialità

Prima di comprendere in che modo il Tribunale milanese sia intervenuto su questo tema così delicato, giova ricordare come il legislatore abbia sancito all’art. 337 ter c.c. la necessità che i genitori assumano congiuntamente le decisioni che riguardano l’istruzione, l’educazione e la salute dei figli. Tra le decisioni da assumere in un’ottica di bigenitorialità rileveranno anche quelle sulla scelta della residenza abituale del minore, tenendo in considerazione le capacità, l’inclinazione naturale e le aspirazioni dei figli.

Nel caso in cui il principio ispiratore della bigenitorialità venga meno, e cioè dinanzi a iniziative unilateralmente adottate da uno dei genitori senza che sia stato preventivamente consultato l’altro, o addirittura contro il parere di questi, escluso in modo illegittimo dalla decisione, si potrà azionare il procedimento ex art. 709 c.p.c., domandando al giudice di adottare i provvedimenti opportuni. Ma con quali criteri?

Il caso

Giungiamo così a sintetizzare le considerazioni cui i giudici milanesi sono giunti con l’ordinanza del 12 agosto 2014 ora in commento.

All’epoca, il Tribunale di Milano fu investito della decisione del conflitto insorto tra due genitori separati in relazione all’intenzione, manifestata dalla madre convivente con la figlia minore, affidata ad entrambi i genitori, di trasferirsi da Milano a Ravenna contro l’opinione del padre, timoroso di perdere il rapporto con la figlia in seguito a questa scelta.

La madre giustifica tuttavia questa scelta sulla base delle proprie esigenze lavorative: la donna è infatti inserita nelle graduatorie di diverse città in qualità di insegnante precaria, e ritiene che a Ravenna avrebbe maggiori opportunità di collocamento. Cita inoltre come ulteriore evidenza che a Ravenna dimora la propria famiglia d’origine, che potrebbe metterle a disposizione un appartamento a titolo di comodato gratuito.

Secondo il padre, invece, sarebbe Milano la scelta migliore, considerato che è questa la città di residenza degli ultimi tredici anni. Invita inoltre il giudice a considerare che entrambe le figlie (anche quella maggiorenne) sono contrarie al progetto di trasferimento a Ravenna.

I criteri del Tribunale di Milano

Nel suo esame, il Tribunale rileva come il quadro normativo in vigore imponga al giudice di assumere ogni decisione di propria competenza in caso di crisi genitoriale, avendo riguardo in via esclusiva l’interesse morale e materiale della prole, con particolare riferimento alla necessità di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e i parenti di ogni ramo genitoriale.

Per quanto riguarda poi l’ipotesi di una discordia tra le aspirazioni dei genitori, il Tribunale chiarisce che la scelta:

  1. non deve essere diretta ad attuare aspirazioni lavorative o sociali, proprie ed egoistiche del genitore collocatario
  2. non può pregiudicare in modo irreversibile, sotto il profilo logistico ed economico, la possibilità del genitore non collocatario di esercitare il proprio ruolo genitoriale
  3. deve essere effettuata valutando la disponibilità eventuale del genitore non collocatario a trasferire a propria volta la propria residenza per conservare la vicinanza con i figli
  4. deve essere valutata dal giudice in relazione alla possibilità di pregiudicare i rapporti con gli ascendenti
  5. non deve sottoporre il minore a trasferimenti che pregiudichino il diritto dello stesso a una stabilità ambientale
  6. sia valutata sulla base delle caratteristiche dell’ambiente in cui il genitore collocatario intende stabilire la nuova residenza della prole
  7. sia realizzata tenendo anche conto dell’età dei figli, considerato che più sono di tenera età, e più alto sarà il rischio di rarefazione e perdita del rapporto con il genitore non collocatario
  8. infine, sia effettuata valutando la volontà consapevolmente espressa dal minore.

Alla luce di quanto sopra, il Tribunale ha ritenuto apprezzabile il fatto che la madre abbia subordinato le proprie esigenze di trasferimento, tutt’altro che precarie, al benessere della figlia: la donna consoliderebbe in modo definitivo la propria posizione lavorativa e abitativa, prospettando l’eventualità che – ove il trasferimento le nuoccia – la figlia possa rimanere collocata presso il padre. Di contro, il padre non ha fatto altrettanto: si è opposto al progetto di trasferimento dando per scontato che l’interesse della figlia coincida con il mantenimento della residenza in Milano.

Il Tribunale ha ritenuto questo comportamento proprio di una certa superficialità da parte del padre e della sua incapacità di interpretare le esigenze della figlia minore. Ancora, il giudice ha ritenuto favorevole alla madre collocataria il fatto che la stessa abbia sempre vissuto con disagio l’atteggiamento invasivo serbato dal marito, e dalle proprie nuove compagne, nella vita privata propria e delle figlie, favorito dalla contiguità tra le abitazioni e dall’assetto non più sostenibile delle clausole separative.

Ciò valutato, il Tribunale autorizza il trasferimento della residenza della minore a Ravenna con la madre.

Le conclusioni

In conclusione, si può tornare pur in brevità nell’analisi dei criteri adottati dal Tribunale di Milano per dirimere questa categoria di questioni.

Fondamentalmente, l’analisi della personalità del genitore che intende effettuare il trasferimento acquisisce in questo ambito una elevata rilevanza giuridica, intendendo come tale l’analisi delle motivazioni del trasferimento e il proprio atteggiamento nei riguardi del benessere della prole quale finalità primaria dei suoi intenti. È proprio sotto tale profilo di osservazione che potrebbe essere apprezzata positivamente anche la decisione di trasferirsi, come nella fattispecie in esame, se supportata da motivazioni adeguate e comprensibili.

Sempre in questo scenario, i giudici hanno evidenziato come sia essenziale esaminare le caratteristiche dell’ambiente dove il genitore collocatario intende trasferirsi, nell’invito a evitare il trasferimento in ambienti che sotto li profilo sociale o relazionale potrebbero rivelarsi pregiudizievoli per lo sviluppo equilibrato e sereno dei figli.

Infine, un ruolo rilevante va attribuito anche all’età dei figli e alla loro volontà espressa. È di fatti vero che quanto più i figli sono in giovane età, tanto più la rarefazione dei rapporti è inevitabile se il genitore collocatario decide di trasferirli lontano dal luogo dove risiede l’altro genitore, con una scelta idonea a determinare la perdita della figura di riferimento e il relativo ruolo genitoriale.

Proprio per tale motivo il giudice non potrà che tenere in considerazione la volontà del figlio che, con consapevolezza, esprime netta contrarietà all’ipotesi del trasferimento per il desiderio di mantenere salde le relazioni affettive e il legame con il luogo di residenza abituale, anche ove le motivazioni del genitore collocatario di attuarlo altrove siano giustificate e positivamente apprezzabili.