I trasferimenti immobiliari in sede di separazione e divorzio
La recente sentenza n. 21761/2021 della Corte di Cassazione ha contribuito a fare chiarezza sul tema del trasferimento immobiliare da un coniuge all’altro – o in favore dei figli – in sede di separazione o divorzio, statuendo che è sufficiente l’atto giudiziario di ratifica dell’accordo raggiunto dalle parti per risolvere la crisi coniugale, ritenendo così non più necessario l’intervento notarile. Confermando l’orientamento assunto da una crescente serie di pronunce di merito, infatti, risulterebbe oggi possibile concretizzare il trasferimento di un immobile tra coniugi in sede di separazione o divorzio, in tutto o in parte, senza dover poi procedere con il rogito notarile per dare esecuzione a quanto pattuito.
Il principio di diritto
Le Sezioni Unite affermano il seguente principio di diritto:
<< Sono valide le clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale, che riconoscano ad uno o ad entrambi i coniugi la proprietà esclusiva di beni mobili o immobili, o di altri diritti reali, ovvero ne operino il trasferimento a favore di uno di essi, o dei figli, al fine di assicurarne il mantenimento. Il suddetto accordo di divorzio o di separazione, in quanto inserito nel verbale d’udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume la forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c. e, ove implichi il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce, dopo la sentenza di divorzio resa ai sensi della l. n. 898 del 1970, art. 4, comma 16, che in relazione alle pattuizioni aventi ad oggetto le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, ha valore di pronuncia dichiarativa, ovvero dopo l’omologazione che lo rende efficace, valido titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c.; la validità dei trasferimenti immobiliari presuppone l’attestazione, da parte del cancelliere, che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui alla L. n. 52 del 1985, art. 29, comma 1-bis; non produce nullità del trasferimento, il mancato compimento, da parte dell’ausiliario, dell’ulteriore verifica circa l’intestatario catastale dei beni trasferiti e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.>>
Da quanto sopra ne deriva che, se l’atto è redatto in modo puntuale e specifico, potrebbe essere effettivamente possibile trasferire i diritti reali su un immobile con la trascrizione del verbale di separazione o di divorzio, evitando così di dover sostenere i costi legati all’onorario del notaio, visto che il verbale del cancelliere, in qualità di pubblico ufficiale, avrà efficacia di atto pubblico.
Il trasferimento di beni tra coniugi
Per giungere alle conclusioni di cui sopra, i giudici di legittimità ricordano come le clausole sui trasferimenti immobiliari, intesi come gli atti con cui la proprietà o un altro diritto reale su cosa altrui viene trasferito o costituito da un coniuge in favore dell’altro o dei figli, per disciplinare le relazioni patrimoniali in occasione della crisi matrimoniale (e dunque in ambito di separazione o divorzio), siano da ritenersi pienamente valide.
In particolare, la sentenza ci ricorda come l’accordo di separazione, se inserito nel verbale d’udienza redatto da un ausiliario del giudice e destinato a far fede di ciò che in esso è attestato, assume forma di atto pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2699 c.c. Se ciò implica il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituisce – dopo l’omologazione che lo rende efficace – titolo per la trascrizione a norma dell’art. 2657 c.c., senza che la validità per tali trasferimenti sia esclusa dal fatto che i relativi beni ricadono nella comunione legale tra coniugi.
I giudici di legittimità affermano in tale ambito che lo scioglimento della comunione legale dei beni fra coniugi si verifica con effetto ex nunc dal momento del passaggio in giudicato della sentenza di separazione, ovvero dell’omologazione degli accordi di separazione consensuale.
Il contenuto dell’atto traslativo
Affinché il trasferimento immobiliare diretto in favore dell’altro coniuge o dei figli sia valido, è fondamentale che l’atto traslativo contenga – a pena di nullità, alcuni elementi necessari come:
- la corretta identificazione catastale,
- il riferimento alle planimetrie depositate in catasto,
- la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale,
- gli intestatari catastali, a loro volta coerenti con ciò che risulta nei registri immobiliari.
Il notaio è ancora necessario?
Quel che emerge come aspetto maggiormente innovativo nella pronuncia delle Sezioni Unite, è il fatto che il notaio non sembrerebbe necessariamente essere il soggetto che stipula l’atto.
Di fatti, il verbale di udienza che viene redatto dal cancelliere assumerebbe a tutti gli effetti la natura di atto pubblico trascrivibile. In altre parole, le verifiche che sono di norma demandate al notaio dovrebbero essere svolte da altro Pubblico Ufficiale: il cancelliere d’udienza.
L’applicazione del principio di diritto di recente espresso dalle Sezioni Unite, quindi, dipenderà dalle direttive interne dei diversi Palazzi di Giustizia e, necessariamente, dalla delegazione dell’attività di controllo di cui sopra a personale acciò formato, disponibile e deputato, sicché sia effettivamente possibile per i coniugi procedere con la trascrizione del solo verbale/accordo di separazione.